Fragilità e dintorni

–  “IO NON SONO ALL’ALTEZZA!”

Quando è presente nella persona – giovane o adulta che sia – questo sentimento di fragilità, per definizione cresce l’ansia, la quale ci fa credere che se metteremo dei paletti ben precisi, negli appuntamenti, nelle telefonate, ecc., saremo più sicuri (e aggiungerei pure, ci sentiremo dalla parte del giusto!).
In realtà non facciamo che aumentare la probabilità dei, così scherzosamente definibili, “disappuntamenti”. Cos’è il disappuntamento?
– “Te l’avevo detto che alle 15.15 sarei stato libero e tu non mi hai chiamato…perché dopo io non ci sarei più stato!”
I disappuntamenti nascono dall’ansia, dall’insicurezza e fanno credere che ci si possa difendere aumentando la precisione dei tempi, fino al minuto spaccato; quando aumentare la precisione dei tempi significa invece accrescere le probabilità da una parte e dall’altra di non incontrarsi. Non sarebbe più semplice dire: “Senti, ci sentiamo stasera” o che ne so, “Ci telefoneremo domani a una certa ora, se non ti trovo riproverò più tardi.”? Evidentemente, non sempre è così.
Lui o lei a questo punto dice: “No, ma io c’ho una finestra, sono libero dall’ora tale all’ora tale…”.
Ora, è anche vero che con i miei pazienti sono obbligato a dire: “Sentite, se mi volete trovare in viva voce dovrete chiamarmi all’ora tale”, ma il resto della vita, che dovrebbe poter essere sotto il segno di una certa reciproca libertà, morbida, soffice, non è…la libertà non è tagliente, fatta di segmenti rigorosi, di angoli acuti, ecc. .
A dire il vero in situazioni come queste, il rischio è quando la persona si richiama e chiama il compagno/a alla pariteticità: – “Ma lei non è paritetica come invece sono io; lei fa così mentre io faccio cosà, insomma io cercavo con quel mio disappunto, di rivendicare la pariteticità.”
La lascio dire finché credo di aver capito di che si tratta, e a quel punto faccio notare che la pariteticità si gioca a un livello più alto, e non “Se tu commetti un errore (ritenuto tale) dai anche a me il diritto di commetterlo”. Che è poi – capita tutti i santi giorni – traducibile in quel famoso: “E tu allora??!!” Non è un buon motivo perché ci si imiti a vicenda per quelle cose che sanno di sbaglio.
E così più si cerca la precisione, più s’incrementa il dubbio che può arrivare a diventare certezza delirante: “Ho capito perché tu non mi hai risposto, è perché in quel momento stavi chattando con quell’altro/a, ecc. .”
Perciò, quando sento il rischio che possa essere accaduto qualcosa del genere mi faccio sentire un po’ dubbioso riguardo all’uso di quel sistema che non solo permette di telefonare e che abbiamo imparato a chiamare smartphone, con tutto il suo seguito di applicazioni (whatsapp, Facebook, Instagram,e compagnia bella)…e poi, maledettamente, sono gratuite queste diavolerie, non costano nulla.
Una piccola parentesi a tal proposito. Ritengo che le cose debbano costare, perché da qualche parte siamo sempre inclini a far coincidere il costo con il valore. Non è così naturalmente, però siamo anche fatti così. Di conseguenza quel che è gratuito non ha valore, e rischia di essere percepito come insignificante. Insomma, quando i mezzi di comunicazione non costano niente si prestano all’abuso: “Tanto non mi costa niente”. Appunto!
In questo senso – e chi scrive lo sa bene di stare dicendo un’eresia che non mi sarebbe mai perdonata da nessun mercato – abbassare i costi delle cose, tanto adesso per produrre un telefonino ci vuol niente, distribuirlo ormai è anche leggero, sta in tasca pertanto non sono previsti neppure tanti costi di trasporto; insomma costa sempre meno. Ti fornisce sempre più cose, sempre più rapidamente e sempre a minor prezzo e con minor spazio: ripeto, sta in una tasca. Tutto il mondo in una tasca! A me non par cosa sana, poiché fa una promessa in questo caso di onniscienza che è del tutto fasulla. Perché se noi siamo immersi in un bla, bla, bla, nel suo rumore non siamo più in grado di cogliere “la parola giusta al momento giusto”, la musica buona rispetto a ciò che è rumore. Così, questa precisione dei tempi di appuntamento, a volte ho il sospetto che faccia del male alle persone poiché incrementa i reciproci sospetti, la sospettosità in generale.
Ebbene, ci sono notizie sì, che sta bene raccontarsele fresche, ma fresche è una cosa, urgenti è un’altra. Per intenderci, se l’effetto è: “Ma dov’eri, perché non mi hai chiamato?!” vuol dire che era urgente, ossia che c’era dell’ansia dietro.
Sostengo questo in quanto la freschezza è tollerante; non solo, ma la cosa migliore che può capitare dopo un felice amplesso amoroso che è semplicemente felicità condivisa, è addormentarsi, sì dormire, entrare nel sonno portandosi l’eco di quel che è appena stato che diventerà anche sogno.
Il fatto che a qualcuno venga la tentazione di controllare, di dettagliare i tempi: “Com’è che non mi hai chiamato? Dov’eri??, ecc.”, ecco davanti all’ennesimo “Non mi chiami mai!” credo sarebbe meglio non giustificarsi, non difendersi precisando magari con frasi del tipo: “Ma no che t’avevo chiamato, ecc.”, meglio lasciar perdere questa strada tutta in salita. Piuttosto, quanto meglio starebbe un bel: “Sai cosa succede quando non ti chiamo? È che ti sto pensando…mi basta a volte anche pensarti per stare bene.”
L’amore non è capace solo di godere delle presenze carnali, ma anche delle distanze, della memoria, del ricordo, della fantasia. E se e quando si pensa di progettare la vita insieme, a maggior ragione occorre saper abitare nell’animo proprio anche le distanze, come abitiamo nelle reciproche presenze fisiche.
Concludendo, conviene addestrarsi alle distanze.
Mi è stato riportato che Paul Verlaine, il poeta “maledetto” francese, per restare in tema asseriva che l’idea, cioè il pensiero, fosse gloria di un desiderio lungo, paziente.
Pertanto, questa ansia che alle volte trasuda da certi discorsi che sento fare, ansia degli appuntamenti con la punta….attenzione! la parola APPUNTAMENTO ha la punta e le punte: “Ahi che male!”  L’appuntamento quindi, contiene dolore e se sto male, certo che ho urgente bisogno che tu mi risponda, ed io sapendo che tu stai male ho bisogno a mia volta di sentirti per rassicurarti…Gli appuntamenti pungono insomma! Quelli amorosi non dovrebbero avercela, quanto piuttosto la pacifica pazienza dell’attesa dal momento che è nell’attesa che pregusto il tuo arrivo, la tua voce, il tuo volto.

 

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