“Lei dichiara di sapere tutto di sé. Cara signora, no, lei sa solo quello che ho detto su questo argomento o su quell’altro, ma ciò che dirò non lo so nemmeno io, perché anch’io mi sorprendo dei miei pensieri e, più di una volta, questo è stato davvero un piacere.
Lei non ha tutti i torti, capisco, nel temere le “sorprese”: evidentemente nella sua esperienza queste sono state prevalentemente brutte. Suvvia, non può ignorare che esistano anche le belle sorprese! Non credo che non ne abbia mai avute; se è così diffidente riguardo ad esse, presumo che nella sua vita, almeno sinora, abbiano prevalso quelle “cattive”. E le cattive sorprese ci fanno un danno perché non siamo preparati ad affrontarle: ci prendono alla sprovvista, appunto. Pensando che tutte le sorprese siano a contenuto negativo, ha deciso di non volerne. È vero, ma le conviene? Le conviene pensare di aspettarsi sempre qualcosa di brutto? Non credo. Questo divieto di felicità (perché di questo parla: “Devo sopravvivere!”) non fa che affaticare la sua vita. La soluzione non la si trova esonerando il cuore da qualsiasi sofferenza. Semmai, il cuore umano deve essere addestrato per il bene come per il male. Si chiama “coraggio”, una virtù che, come suggerisce l’origine della parola, la lega al cuore. Perché crede di non avere abbastanza coraggio?”
Con questo breve stralcio, tratto da uno scambio durante una seduta di un po’ di tempo fa, auguro a tutti una serena e felice Pasqua e che la capacità di sorprendersi sia con voi tutti.