Non c’è niente di più fragile, di più facile da consumare rapidamente come la PERFEZIONE.
Poiché la realtà dei fatti, delle persone, dei corpi, dei tempi e dei movimenti è determinata. Un tavolo qualsiasi che potremo avere davanti agli occhi ha quelle misure lì, è obbligato a occupare quel preciso spazio. All’opposto la perfezione, vale a dire l’idealizzazione è indeterminata, cioè sconfinata.
Se non si assegna all’infinita libertà del mondo interno il “sogno” della perfezione assoluta che ha diritto di esistere, ma nel mondo ad occhi chiusi, nel sogno appunto, rischiamo di farci male.
Nella realtà la perfezione non esiste. Detto in maniera cristiana cioè da Gesù Cristo: “Il mio regno non è di questo mondo”. E quando assistiamo alla rapida successiva e ripetitiva consumazione delle relazioni che sembrano accendersi all’improvviso, perché no?, come la cosa più bella del mondo, e però si consuma, occorre mettere in opera l’analisi di quale entità possa così usurare la bellezza, il sogno, il desiderio, ecc. E in termini generali, sperando che non siano generici si capisce! occorre investigare l’opera di un super-Io invidioso che dice: “Be’ è tutto qui!? Ma come, m’avevi raccontato che era un uomo perfetto, che era una donna perfetta e poi guarda lì, non lo è mica!!? Non è quella giusta, cercane un’altra, e poi un’altra, poi un’altra ancora.
Insomma costretti a eterne fughe perchè inseguiti da un super-Io lento ma implacabile. Arriva piano piano, giorno dopo giorno. E allora, “ Ah, la prima volta, un sogno!”, la seconda un sogno si, ma più così.. E così ad ogni incontro, ad ogni giornata c’è un pezzetto di consumazione del valore dell’oggetto, della situazione, del sogno, ecc.
I sogni sono fragili se noi pretendiamo che possiedano la matericità del Reale. I sogni sono bolle di sapone, bellissime, ma fragilissime e riconosciuto il loro carattere di bellezza ideale che non può reggere l’urto della realtà, a questo punto al posto della pretesa di perfezione controllata e onnisciente ci sarà una buona coscienza che soppesa il bene e il male.
Il pensiero è una bilancia, tant’è che si usa dire soppesare, ponderare. Di fatti il gesto della ponderazione si fa con le mani aperte verso l’alto: è il gesto della bilancia che ha due piatti. Sulla bilancia alcun peso può essere assoluto, ma ciascun peso è tale in relazione al contrappeso che si trova dall’altra parte. A questo punto le qualità e le virtù non si lasceranno più distruggere per via di questo o di quel reale difetto che è sull’altro piatto.
Un vecchio dialetto bolognese tradotto in un italiano sgrammaticato dice: “Ognuno abbiamo i suoi difetti”. Per dire, ne assoluto è il difetto, ne assoluto l’amore, la bellezza, il sapere.. .