L’Oscuro è diverso dal Mistero, esso ha un colore generalmente non gradito. L’oscuro è il buio che spaventa i bambini o perlomeno li turba. E l’ INCONSCIO è un luogo pieno di oscurità, ma anche di misteri in un senso però che non è più pesante come l’oscuro, il nero, il greve, poiché il mistero è un orizzonte: cammina cammina e ce n’è sempre di mistero davanti a garantire la curiosità del continuare a camminare.
Nella storia del pensiero Freudiano ci sono, a tal proposito, delle fatali ingenuità da parte del giovane Freud. Dichiarava: “Dove era l’Es, li sarà l’Io”. Eh, cala trinchetto!!
Poi l’altra espressione: “Si può parlare di analisi completa o compiuta, quando tutto l’inconscio diventa coscienza”. Adesso, non è mai stato detto con tanta ingenuità, naturalmente, ma erano altri tempi, allora queste duravano 3-4 mesi.
L’analisi non è mai completa, per fortuna d’altra parte. Finisce, a un certo punto l’analisi con l’analista.
Cosa s’intende ora come analisi sufficientemente compiuta?
Quando il paziente ha imparato il mestiere. In quel momento finisce l’analisi con l’analista perché la persona ha imparato a camminare con le proprie gambe.
L’analisi non è un percorso per arrivare in un posto. E’ un percorso bensì, ma lo è per imparare a camminare.
Quante volte il paziente mi chiede cosa fare, dove deve andare, ecc. Non rispondo a queste domande non perché voglia fare il furbo; rispondo alla domanda. “Cosa devo fare?” con una contro domanda: “Cos’ è che le fa pensare di non saper scegliere?”.
L’adulto che domanda cosa fare di fronte a scelte di destino, prima della psicoanalisi era ingenuo e spesso a lui venivano dati consigli più o meno appropriati. La risposta più onesta che si possa fornire a tale domanda è: “Ma che ne so?!”, alludendo al fatto che nessuno credo, possa sostituirsi all’Io adulto nelle scelte decisive della vita, di quella specifica vita che è la sua.
Perché non rispondere alla domanda, bensì scegliere d’interpretare la natura della domanda? Proprio per segnalare che l’analisi per quel che ho capito io, non è un posto dove arrivare bensì una palestra dove imparare a camminare per chi zoppica senza essersene accorto.
In questo senso, mentre l’oscurità merita il progetto di chiarificazione, d’esser dunque illuminata piano piano, pazientemente, il mistero invece, più lo indaghiamo e più rimbalza in avanti sostenuto dal leitmotiv che tante più cose sappiamo, tante più sappiamo di non sapere.
E’ questo che io chiamo il Mistero. A garanzia della curiosità finché abbiamo fiato e del guardare come è fatto il mondo nostro e altrui, del piacere di esserci, insomma.